Ortensio gionfra
Le Opere di Padre Gionfra
Critiche sull'arte di Gionfra
Testimonianza critica di Vanni Ronsisvalle
...dipingere una città. Per un pittore incline come padre
Gionfra all'uso parsimonioso e controllato dell'effetto, alla
predilezione di impasto tonali delicati, sommessi (in realtà
sontuosamente investiti di una luce tutta particolare che
vibra dall'interno) deve essere stata impresa viscerale e
sofferta.
Il francescano padre Gionfra è un "guardatore di cose", di
oggetti, di scorci; si direbbe più votato al particolare che
alla suggestione dei grandi spazi se non per infondervi
quella misteriosa vocazione assai personale alla rarefazione
ed insieme alla precisione corporea della metafisica
spiegabile forse con alcuni suoi passaggi nello studio di De
Chirico, con i consensi manifestatigli da Buzzati e da Mario
Lepore nelle provvisorie stagioni milanesi dell'artista.
Dipingere una città come Latina, ossia calarsi nella
scenografia di un paesaggio urbano alzato di colpo in aura
"razionalista", senza appigli che non fossero la falsa
modestia del geometrismo e del "ritorno dell'ordine", Gionfra
l'ha risolto applicandovi - con affascinata percezione di
verità appena percettibili - il suo modo pittorico, un modo
per il quale un fascio di cardi in un vaso, i convolvoli
intimi di una conchiglia, bottiglie e barattoli soffusi dei
patetici splendori del grigio, del rosato, del bruno
congelano le emozioni visive di chi guarda ma nel contempo ne
liberano la fantasia verso gli spazi della pura
contemplazione.
Di queste occasioni alla serena lettura del mondo in padre
Ortensio Gionfra ve n'è un vero e proprio dispendio.
I dipinti passano sotto gli occhi - il montaggio della mostra
comprende correttamente non solo i paesaggi urbani ed agresti
(non va infatti eluso il ricordo degli specchianti acquitrini
che prima della bonifica ispirarono Giulio Aristide Sartorio,
il Cambellotti ed il Bocchi, la musa tardoromantica di
Aleardi) ma anche correttamente composizioni, nature morte,
scorsi quasi premesse e studi preparatori delle visioni di
Latina ex - Littoria - passano sotto gli occhi tutti
collegati da tale continua operazione di imbrigliamento
dell'immediato emotivo; sembrerebbero opere della memoria,
ispirazione a posteriori, reffreddate nel chiuso dello studio
deserto di modelli; invece è tutto "dal vero" e tutto "en
plen air"; senti in questi quadri la fisicità della fatica
per conquistarsi il "punto di vista" e per difenderlo dai
disturbi che ormai aggrediscono anche i luoghi più riservati;
l'oasi di Ninfa che innamora padre Gionfra, e persino il suo
studio sotto il tetto del convento di San Bonaventura tra i
silenzi del Palatino.
Così i tetti, le terrazze, le quinte di case squadrate e
semplicisticamente celebranti il cubo e l'arco improprio
(mentre alle spalle insorgono minigrattacieli ed i simulacri
dell'industria medioleggera) padre Ortensio li avvolge nello
stesso colpo d'occhio pittorico; esulando dall'inevitabile
citazioni del pre-impressionismo alla Corot, dal persino
facile riferimento a Morandi (ma, a ben guardare, Gionfra qui
si concede - nel ritrarre vasetti, libri allineati su mensole
pericolanti - trasgressioni e godimenti più innocenti, non
spinge sino al grado zero l'automutilazione del sentimento,
rimane seraficamente obbligato alla bellezza della "cosa in
se" tutto questo fa dire di lui a Libero De Libero:
"...continua a ricavare l'ineffabile degli umori di una
effusione di palpiti che in sordina strisciano su tastiere
remote".
Non più remote di una giovanile Parigi di padre Ortensio Gionfra
che ancora gli palpita nella tavolozza per le "effusioni"
della sua grigia luce splendente, questa si, tutta di
memoria.
Vanni Ronsisvalle